Gettone con iscrizione "OPPORTVNVS ADEST"
(l'immagine è tratta da: http://www.philcat.it/ufonum1.htm)
"Di questa moneta, che in realtà sembra più una medaglia, si sa soltanto che è stata coniata intorno al 1680. Pur riportata da alcune pubblicazioni ufologiche, non vengono mai fornite altre notizie. Si nota nitidamente una "ruota", dal cui centro parte un "raggio", che si libra in un cielo nuvoloso. Nella cornice la scritta OPPORTUNUS ADEST." (J.P. Cave-L. Foreman: "Ufo ed Extraterrestri" - Mondadori 1990, p.19)
In effetti l'oggetto non è una moneta, ma nemmeno una medaglia. Come è spiegato nella pagina web intitolata "Curieuses oeuvres d'art", si tratta di un "jeton" probabilmente coniato nel 1656. Molti altri gettoni di questo tipo si possono vedere (e acquistare) nel sito web di CGB Numismatic
Questi gettoni non avevano un vero valore come le monete, ma assomigliavano alle monete tanto da ingannare i più stolti. Vi sono infatti modi di dire francesi ispirati a questi oggetti, ad esempio "falso come un gettone", oppure una persona anziana poteva essere definita "vecchio gettone" perché questi si consumavano facilmente.
Durante il medioevo venivano usati per operazioni di calcolo e contabilità degli enti religiosi, poi nei secoli XIV e XV divenne di moda per nobili ed ecclesiastici farli coniare col proprio nome e stemma, sempre ad uso di contabilità e retribuzione interna. A partire dall'epoca di Enrico IV i gettoni vengono usati come oggetti di prestigio e coniati anche in metalli preziosi. Il periodo di maggio diffusione dei gettoni arriva con il XVII secolo: decorati con blasoni o con figure allegoriche ispirate all'antichità classica e motti in latino, servono sempre meno per contare e divengono segni di appartenenza alla classe dominante. Sui gettoni possono essere raffigurati anche personaggi famosi, o possono celebrare alleanze tra grandi famiglie o eventi di politica internazionale. Nel periodo di Luigi XVI i gettoni cominciano ad essere sempre meno diffusi, e il loro uso rimane limitato ai consigli di amministrazione, come metodo di conferma della presenza degli azionisti. Ancor oggi si dice infatti "gettone di presenza" quando ci si riferisce ad un rimborso spese per incarichi amministrativi.
Non sappiamo quale immagine comparisse sull'altra faccia del gettone in esame, ma possiamo immaginare non fosse una figura molto diversa da quelle che compaiono in altri gettoni con lo stesso"misterioso scudo nel cielo" (Mystérieuse scène avec un bouclier céleste au revers). In questo vediamo la giustizia che tiene la spada in una mano e la bilancia nell'altra, ma ai suoi piedi un personaggio rovescia una borsa di monete (L'Équité debout de face, tenant une épée et des balances. Devant elle, à droite, un homme courbé versant une bourse de monnaies à ses pieds.). Sembra quasi una vignetta satirica: la giustizia si vende per soldi?
In un'altra versione, sempre in vendita nel catalogo CGB Numismatic, sull'altra faccia compare lo stemma di Francia e Navarra. Nelle descrizioni di questo catalogo numismatico la frase "OPPORTVNVS ADEST" viene tradotta in francese con "Il est présent à propos", ovvero "E' presente al momento opportuno". Ma la parola latina "adest" oltre a "essere presente", "essere propizio", significa anche "aiutare, assistere, favorire" e in questo senso la usa Cicerone parlando di avvocati che difendono i clienti.
Molti gettoni di questo tipo contenevano raffigurazioni allegoriche e mitologiche, e proprio nella mitologia si è trovato un riferimento letterario che può spiegare la natura di quell'oggetto tondo che si trova tra le nubi e la terra. Esso potrebbe infatti rappresentare l'Ancile, lo scudo sacro inviato da Giove al re di Roma Numa Pompilio.
La leggenda è raccontata in diverse versioni, quella di Ovidio ("Fasti", libro III) narra di Numa Pompilio che avrebbe deciso di interrogare Giove per farsi svelare il segreto per difendersi dai suoi fulmini. Giove chiede in cambio un sacrificio umano, ma Numa che è un uomo pacifico rifiuta e riesce, con giochi di parole, a ingannare il dio. Numa teme l'ira di Giove, ma il dio invece di adirarsi ride per l'arguzia del re e gli promette per il giorno successivo la rivelazione del segreto. Il giorno dopo Numa Pompilio convoca i rappresentanti dei quartieri di Roma e a mezzogiorno, come promesso, ecco che dei fulmini squarciano il cielo dal quale cade uno scudo ovale proprio ai suoi piedi. Lo stesso Giove, lanciando dal cielo lo scudo, fa sapere che Roma non avrebbe avuto più niente da temere dai suoi nemici a patto che lo scudo fosse ben custodito. Il re per ringraziare il dio fa sacrificare una giovenca e porta lo scudo nel sacrario della propria casa, ma, per paura che possa essere rubato, ne fa costruire dall'artigiano Mamurio Veturio (che significa "vecchio Marte") altri undici perfettamente uguali, comandando poi che fossero portati dai Salii durante l'annuale Processione del 2 Marzo.
Secondo Dionigi di Alicarnasso l'impero del mondo era destinato alla città che conservava l'Ancile.Ecco un altro gettone francese del XVII secolo in cui vediamo lo scudo che protegge dai fulmini che escono dalle nubi:
Nelle immagini seguenti vediamo una serie di scudi rinascimentali. Tutti sono rifiniti con borchie lungo il bordo; l'ultimo in particolare, di produzione italiana e datato 1570, presenta anche la punta centrale.
In questi altri scudi (definiti "targe" o "tarch") la punta è una vera e propria lama da utilizzare come arma durante il combattimento.
Oltre all'ancile di Numa Pompilio nella mitologia classica troviamo un altro scudo sacro prodigioso. Si tratta dell' egida, lo scudo di Giove e, più tardi, di Minerva. In origine l'egida non era altro che un manto di nubi, scuotendo il quale uscivano procelle e tempeste; più tardi fu creduto un pettorale modellato con la pelle della capra Amaltea cinto tutt'intorno di serpenti, sul cui mezzo Giove aveva fissato l'orribile volto della Gòrgóne per atterrire i suoi avversari. In seguito divenne un vero e proprio scudo usato per disperdere i nemici, come recitano questi brani dell'Iliade e dell'Odissea:
Or tu la fimbrïata
Egida imbraccia, e forte la percoti,
e spaventa gli Achei.
(Iliade, libro XV, trad. Vincenzo Monti)Allor di nubi
tutta fasciando la montagna idèa,
Giove in man la fiammante egida prese,
la scosse, e fra baleni orrendamente
tonando, ai Teucri di vittoria il segno
diè tosto, e sparse fra gli Achei la fuga.
(Iliade, libro XVII, trad. Vincenzo Monti)E la terra batté con tutto il fronte.
Pallade allor, che rivestì la diva,
Alto levò dalla soffitta eccelsa
La funesta ai mortali egida, e infuse
Ne' superstiti proci immensa tema.
(Odissea, Libro XXII, trad. Ippolito Pindemonte)Anche in questo caso, come per l'ancile, il motto OPPORTUNUS ADEST parrebbe appropriato. Infatti il termine egida è entrato nel linguaggio comune col significato di riparo, custodia, difesa.
(grazie a Eileen Horahan per le informazioni a proposito dei "targe" - Thank you to Eileen Horahan for the informations about the targe shields)
Illustrazione da "Le Livre Des Bonnes Moeurs" di Jacques Legrand, circa 1490
Chantilly, Museo Condé (ref 1338 ,297 part 15 B 8)
Questa immagine compare in moltissimi siti web, nelle sezioni dedicate agli UFO nell'arte. È un particolare di una miniatura tratta da un'edizione manoscritta di "Le Livre Des Bonnes Moeurs" di Jacques Legrand, ovvero "Il libro del Buon Costume".
Il frate agostiniano Jacques Legrand (Jacobus Magnus, 1360-1415) scrisse questo "trattato sulla moralità" all'inizio del '400. I temi sono quelli delle virtù cristiane: Castità, Prudenza, Giustizia, Obbedienza, Diligenza... esemplificate con episodi biblici o tratti da altri libri che trattano di donne virtuose come "De Claris Mulieribus" di Giovanni Boccaccio. Il testo ebbe un notevole successo e venne ricopiato ed illustrato da molti artisti per oltre un secolo. L'esemplare da cui è tratta l'immagine è quello conservato al Museo Condé di Chantilly, pubblicato attorno al 1490.
L'illustrazione venne pubblicata dalla rivista francese "Planéte" nel numero 15 del 1964, all'interno di un articolo intitolato "France exoterique", con la didascalia "France mystérieuse: porquoi cette montgolfière dans une miniature du XVe siecle représentant la Fortune?".
Nell'articolo di Planete dunque si diceva chiaramente che quell'immagine rappresentava la Fortuna, il cui nome si legge ai piedi della figura femminile, ma nessuno in seguito citerà più questa importante informazione e perfino la datazione verrà spesso equivocata:
"This image cames from the french book "Le Livre Des Bonnes Moeurs" by Jacques Legrand. You can find this book in Chantilly Condé's Museum ref 1338, 297 part 15 B 8. Some people say that the sphere is a Montgolfiere ( french name for baloon) but there was no baloon in France in 1338 ..." (http://www.ufoartwork.com/).
"Non c'erano mongolfiere in Francia nel 1338", afferma Matthew Hurley. E' vero, i primi aerostati dei fratelli Montgolfier vennero realizzati nel 1782, ma in ogni caso 1338 non è la data della miniatura, è invece il numero di catalogo assegnato dal Museo Condé a questo manoscritto.
In questa diversa riproduzione della miniatura (non si tratta infatti di una "suggestiva stampa medioevale"), pubblicata in "Narrano Antiche Cronache" di Roberto Volterri, la sfera viene ancor più drasticamente tagliata, eliminando sia metà del globo che la parte in cui si legge il nome del personaggio, ovvero la fortuna. Ma perché l'immagine viene sempre tagliata impedendo così di osservarla per intero?
Proprio questa fu la domanda polemicamente rivolta a Planéte da M. Jean Servier, redattore di "Art" che in un articolo pubblicato nel numero di febbraio 1964 accusava "Les faussaires de la science", ovvero i falsari della scienza. L'autore sosteneva che quell'oggetto nel cielo non fosse altro che l' "orbe", il globo tripartito simbolo del potere temporale, che in tante opere d'arte viene tenuto in mano dagli imperatori cristiani o dagli stessi Gesù e Dio Padre, come simbolo del potere su tutto l'universo creato.
Servier, nell'articolo pubblicato da "Art", proseguiva dicendo che quasi sempre l'orbe presenta una croce sulla sommità e che pure il globo che sovrasta la Fortuna, se visto per intero avrebbe con molta probabilità mostrato una croce. La replica di Planéte non si fece attendere e nel numero di maggio-giugno del 1965 venne pubblicata una risposta a Servier assieme all'immagine completa, purtroppo piccola e in bianco e nero:
Ora possiamo vedere che il personaggio principale è la Fortuna che facendo girare la Ruota sceglie alcune persone che si dirigono verso di lei, mentre un uomo sulla destra le volta le spalle. Su una collina si trova un gruppo di persone che che guardano in diverse direzioni. Uno solo è rivolto verso il globo nel cielo.
Il fatto che sul globo non compaia nessuna croce fa sì che Planete possa dire "Il ne comportant aucune sorte de croix. Rien ne permet d'assurer qu'il représente le globe terrestre ou la fortune, et l'on n'en finirait pas de citer les objets célestes dans l'iconographie du Moyen Age. Nous l'avions justement choisi à titre d'exemple à la demande de l'auteur de l'etude sur "la France mystérieuse".
La mancanza della croce non deve far dimenticare che non sempre l'orbe è sovrastato dalla croce, e che in moltissime raffigurazioni della ruota della Fortuna possiamo vedere in alto una figura regale, che spesso tiene in mano i simboli del potere e in alcuni casi proprio l'orbe:
Possiamo ipotizzare che anche nella miniatura in esame il globo tripartito che sovrasta la Fortuna rappresenti l' orbe, simbolo sia del potere temporale degli imperatori che di quello spirituale di Dio sul creato. La soluzione definitiva però potrebbe venire solo dalla lettura del testo che accompagna la miniatura, in cui è molto probabile che siano citati i diversi elementi allegorici della composizione.
Qui vediamo altre illustrazioni tratte dallo stesso "Libro del buoncostume" di Jacques Legrand. La prima, in cui vediamo una donna che pare fuggire da un gruppo di uomini uno dei quali sta arroventando la punta di una spada, è intitolata "La Castità"; nella seconda (della quale non ho trovato il titolo) una religiosa è inginocchiata davanti ad un altare da cui le appare Gesù, che regge in mano l'orbe; l'ultima rappresenta Diogene, esempio di virtuosa povertà.